Un simile: NICOLA - 1993 -
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"Qualche volta ho detto che ho risolto il problema dello scultore Manzoni, quello cioè di non essere fagocitati dal meccanismo e trasformati in prodotti da consumare: i suoi escrementi in scatola sono vendibili, resta ancora sempre la fede ad avere un residuo inconsumabile, quando tutte le rivoluzioni sono state definitivamente consumate."
Sergio Quinzio, "Dalla gola del leone".
Io so, Nicola, che nel commercio tra uomini può esistere un compenso più alto dell'amicizia, che non è dato a tutti e trascende le cose terrestri, è la somiglianza, che si fissa su idee irremovibili, stanti, sul solco di altri “simili” accresciute.
Prendiamo il mare insieme, convinti che nei sentimenti saremo degni, con testa e mani buone.
Forza dunque, pilota, simile, compagno, ti voglio bene come ad una speranza, il nostro compenso sarà la traversata.
Forza dunque a me, animale sensibile, da tempo condannato per spreco d'amore.
Rafforziamo in noi il giuramento implicito che facemmo, che senz'altro facemmo entrambi.
A un nuovo ordine allora, tenaci come uomini forti e sensibili. Poiché sapremo spenderci e il sacrificio è forza, non esiste maggiore e più durevole convinzione.
In solitudine all'indifferente silenzio dell'arte dei circoli, delle gallerie e dei musei per se stessa incapace di indirizzare un solo raggio dall'occhio di Dio al cuore umano.
Dell'arte ci ritroveremo nel dialogo con gli antichi, muti ed eternamente interpretabili. Che eredità d'immagini Nicola! che pesanti volumi affronteremo!
Assolutamente non dubito che faremo strada chiusi in questa stanza.
Ma è giunta l'ora di non fare più gli eroi, aldilà di ogni convinzione essere Eroi! a dedicare la vita intera, non per noi stessi.
Forse per una qualche sconosciuta dea.
Dio facci via per ricondurre al mondo l'umiltà della forma, e in quella, la misura dell'uomo, non chiediamo di più, saremo pronti ad accettare tutto ciò che ci mandi, rassegnati e con fede ferma.
Perdona i nostri giovani peccati, la nostra salvezza è niente se l'inconosciuto pensiero Tuo vorrà barattarla con la fede che l'uomo possa in questa terra risollevarsi.
Al tempo in cui inviasti tuo figlio, l'uomo, il mondo Ti dovettero premere se dall'eternità allora Tu volgesti lo sguardo.
Sappiamo che confronto a Te la realtà che conosciamo, che lavoriamo, è un'infima cosa, ma può avere in sé una parvenza di completezza e questo ci basta. Se per questo gli uomini potranno guardare alla bellezza senza dubbi, nei sacri affetti ritrovarsi, nelle proprie esatte forme guardarsi, dedicheremo a loro la vita in tuo nome.
Una promessa.
Tutto ci porterà avanti nel lavoro, in ogni evento ti vedremo via via che tira il tempo, poiché non dimentichiamo che Tu sei buono e incomprensibile.
Che sia, la tranquilla tristezza o la calma insoddisfazione che ci guidi a reprimere nella nostre mani le bufere di rabbia o i voluttuosi abbandoni al gesto, non so.
Quanto però è dolorosa questa costrizione alla misura quando non riusciamo a pensare ad altro che alla dismisura propria del nostro cuore, questa ostinata scelta verso la bellezza, tanto amata, quanto è pesante alla nostra forza.
Pesiamo sul tesoro sensibile della bellezza come assetati alla fonte, se a voi bastano gli occhi e la bocca per goderne a sazietà, se questo è il vostro più alto Senso, così sia.
Noi non godremo all'infinità dei piaceri del tesoro; sbaglieremo forse ma noi vogliamo essere parte della fonte. E se sbagliamo, sbagliamo due volte perchè abbiamo deciso di non muoverci comunque da quest'errore. Ciò che dentro ci preme ci onorerà quando uscirà come limpida acqua, purificato nell'idea e nella forma.
Non per ambizione ne per gloria o guadagno.
Viviamo di una risoluzione che credo morale e che forse è propria d'altro tempo.
Sergio Quinzio, "Dalla gola del leone".
Io so, Nicola, che nel commercio tra uomini può esistere un compenso più alto dell'amicizia, che non è dato a tutti e trascende le cose terrestri, è la somiglianza, che si fissa su idee irremovibili, stanti, sul solco di altri “simili” accresciute.
Prendiamo il mare insieme, convinti che nei sentimenti saremo degni, con testa e mani buone.
Forza dunque, pilota, simile, compagno, ti voglio bene come ad una speranza, il nostro compenso sarà la traversata.
Forza dunque a me, animale sensibile, da tempo condannato per spreco d'amore.
Rafforziamo in noi il giuramento implicito che facemmo, che senz'altro facemmo entrambi.
A un nuovo ordine allora, tenaci come uomini forti e sensibili. Poiché sapremo spenderci e il sacrificio è forza, non esiste maggiore e più durevole convinzione.
In solitudine all'indifferente silenzio dell'arte dei circoli, delle gallerie e dei musei per se stessa incapace di indirizzare un solo raggio dall'occhio di Dio al cuore umano.
Dell'arte ci ritroveremo nel dialogo con gli antichi, muti ed eternamente interpretabili. Che eredità d'immagini Nicola! che pesanti volumi affronteremo!
Assolutamente non dubito che faremo strada chiusi in questa stanza.
Ma è giunta l'ora di non fare più gli eroi, aldilà di ogni convinzione essere Eroi! a dedicare la vita intera, non per noi stessi.
Forse per una qualche sconosciuta dea.
Marco, 19 febbraio 1993
Dio facci via per ricondurre al mondo l'umiltà della forma, e in quella, la misura dell'uomo, non chiediamo di più, saremo pronti ad accettare tutto ciò che ci mandi, rassegnati e con fede ferma.
Perdona i nostri giovani peccati, la nostra salvezza è niente se l'inconosciuto pensiero Tuo vorrà barattarla con la fede che l'uomo possa in questa terra risollevarsi.
Al tempo in cui inviasti tuo figlio, l'uomo, il mondo Ti dovettero premere se dall'eternità allora Tu volgesti lo sguardo.
Sappiamo che confronto a Te la realtà che conosciamo, che lavoriamo, è un'infima cosa, ma può avere in sé una parvenza di completezza e questo ci basta. Se per questo gli uomini potranno guardare alla bellezza senza dubbi, nei sacri affetti ritrovarsi, nelle proprie esatte forme guardarsi, dedicheremo a loro la vita in tuo nome.
Una promessa.
Tutto ci porterà avanti nel lavoro, in ogni evento ti vedremo via via che tira il tempo, poiché non dimentichiamo che Tu sei buono e incomprensibile.
Marco, 21 febbraio 1993
Che sia, la tranquilla tristezza o la calma insoddisfazione che ci guidi a reprimere nella nostre mani le bufere di rabbia o i voluttuosi abbandoni al gesto, non so.
Quanto però è dolorosa questa costrizione alla misura quando non riusciamo a pensare ad altro che alla dismisura propria del nostro cuore, questa ostinata scelta verso la bellezza, tanto amata, quanto è pesante alla nostra forza.
Pesiamo sul tesoro sensibile della bellezza come assetati alla fonte, se a voi bastano gli occhi e la bocca per goderne a sazietà, se questo è il vostro più alto Senso, così sia.
Noi non godremo all'infinità dei piaceri del tesoro; sbaglieremo forse ma noi vogliamo essere parte della fonte. E se sbagliamo, sbagliamo due volte perchè abbiamo deciso di non muoverci comunque da quest'errore. Ciò che dentro ci preme ci onorerà quando uscirà come limpida acqua, purificato nell'idea e nella forma.
Non per ambizione ne per gloria o guadagno.
Viviamo di una risoluzione che credo morale e che forse è propria d'altro tempo.