A Simona in Guinea Bissau (febbraio2001) -UNA QUASI PROMESSA-
Sono felicissimo che tu possa scrivermi!
Sono appena tornato da uno spettacolo a Gorgonzola e ho avuto questa bella sorpresa.
Sono contento perchè a quanto mi dici le cose vanno come speravamo che andassero, mi rendo conto dei pericoli e delle difficoltà (perciò attieniti a tutto ciò che ti consigliano), però non riesco a trattenere un grande entusiasmo per tutto quello che può esserci da fare e da vivere in quel posto e quindi prenderò ciò che hai scritto come una buona notizia.
Spero che le tue foto siano altrettanto descrittive dei tuoi elenchi d'animali, ma pensandoli mi pare già d'esser lì.
Non preoccuparti troppo per il legno, io stesso ci ho messo un po' a ricordarmene.
I miei consigli sono:
Prendi ciò che ti viene con una tua autodisciplina, sarà “l’esempio” migliore da dare.
E se hai persone elevate vicino apprendi tu da loro.
Se ne hai occasione apprendi la preghiera, per poter arrivare da un’altra stanza a tutte quelle partorienti.
Forse io farei così. Ma io, in realtà, non ho le carte per darti consigli, quindi resto solo un appoggio, appena appena morale da questa distanza.
Ma forse vali più d’appoggio tu da lì per me perchè mi fai immaginare nuove mentalità e scenari, forze antiche e paure (la paura del serpente.) che da noi sono ormai solo retaggi del tutto ingiustificati.
Danza tribale - Guinea Bissau -
Si! Forse ci caleremo insieme di nuovo in tutto quello che hai attorno.
Per ora però Io resto immerso com’ero nella nebbia.
Ti ricordi le nebbie di quella bettola sulla strada per il Montello
La fatica di vivere mi faceva salire il fiatone di una cattiva coscienza,
ero ancora una volta stupito di me.
Provavo un cinico odio e un sapore di sangue in bocca, d’amore non corrisposto.
E quella gente è ancora qui, vicina.
Dove ho sentito la voce del destino nel bagliore di un alcione mi hanno sparato.
L’odio è salito senza oggetto e prepotentemente mi si è rivoltato contro.
Ti chiedevo: “Dov’è il mio nemico in questa nebbia ovatta?” ricordi?
C’erano gli alberi lungo il fiume e io mi nascondevo convinto dell’arrivo della brace ardente e poi lo spaccio delle vergini, decine di tagli, circoli arancio su rami e tronchi d’ontani neri, fagiani senza ricovero, e io non ho il mio nemico, come non assalirsi? Come non fare di sé il proprio nemico?
Io ero nato custode e già non potevo esserlo, come sempre tutto è in balìa.
Lì come qui
non serve a niente cercare fin dall’inizio una fine adeguata, in cui il senso avvenga come una logica conseguenza di un merito, è il tuo tentativo sempre sul filo dell’ultimo istante.
Ben venga però!
Si può essere innamorati del proprio arco e credere che quell’amore sia già il premio. …la freccia e il centro del bersaglio.
Però c’è anche qui chi vive sotto un nylon e non si tira indietro dalla vita, gli africani mostrano spesso una forza che per noi è inconsapevolezza, irresponsabilità, irragionevolezza ma in fin dei conti esempio di grande vitalità.
E io ho immaginato un mio premio forse così sublime da non poter rispondere alla mia aspettativa. E mi fa cadere nel dolore questo pensiero, mi toglie energia e gioia santa e mi sembra d’essere spento vicino a loro. E io sono a casa mia!
Questa pianura che anche oggi ho attraversato tutta e che attraverserò domani, sempre uguale a sé, fredda fredda e nebbiosa.
Il tuo Marco.
Battello affondato sul porto - Bijagos -
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