MAGGIO '08
“Il n’y a point de vent favorable pour qui ne sait où aller”
Sénèque, en quelque lieu.
Atterrati!
“E profeti come Isaia e Geremia ricordavano il tempo in cui il loro popolo era una stirpe di forti, che non sentiva il bisogno di consolarsi con le immagini. Per questa ragione deprecavano il Tempio che i Figli di Dio avevano mutato in una galleria di sculture, ed esortavano al vandalismo e a un ritorno alle tende.
E noi non aspiriamo tutti a rovesciare i nostri altari e a liberarci dei nostri possessi? Non guardiamo con freddezza ciò che ci ingombra, dicendo: “Se questi oggetti esprimono la mia personalità, allora io odio la mia personalità”? che cosa, infatti, stando all’evidenza, arricchisce la vita meno di un’opera d’arte?”
Nemmeno il deserto arriva a cancellare il labirinto e nemmeno questa savana arborea solcata da ghiandaie azzurre e da bucorvi.
Ho abbattuto 25 giovani alberi per fare un recinto. Sia destino d’uomo. Prenderò senza discussioni questo limitare di spazi e di vite.
Pervengo alla convinzione che l’unico segno che devo voler lasciare è la cosciente cancellazione delle mie tracce, senza pretendere che nemmeno questa possa essere completa, perché nemmeno in questo ci si può accanire.
Ciò non m’impedirà di fare e di avere progetti, alti sentimenti e ammirazioni. Mi convinco che un progetto che non opprima nessuno è l’unica impresa possibile. Guardiamoci bene da un gioco che possa opprimere! Fosse anche ricco di saldi principi che apparentemente sembrassero giustificabili, fosse anche colmo di responsabilità a cui interamente sacrificarsi. Nulla ci giustificherebbe se il progetto creasse una dipendenza o un giogo, se fosse qualcosa d’altro che uno stare accanto agli altri o qualcosa di più che fornire un sostegno, ma in modo che nessuna stampella possa mettere radici.
Ora invece le imprese che vedo così nominarsi sono quelle che creano dipendenza e responsabili meccanici che ambiscono all’elite per avere un po’ di libertà, per poter classificare gli uomini sottoposti. Sia pure chiamato destino d’uomo, sarà sempre per me inconcepibile che qualcuno si pieghi a fare con metodo un lavoro sporco. Inconcepibile pianificare il proprio essere limite e accettarlo come incolpevole.
È questo ciò che lascio, ma riuscirò veramente a lasciarlo venendomene in Africa?
Sarò semplicemente un uomo libero. Come qualcuno disse di essere una volta limitando la mia libertà, e solo a quel costo?
Chi sono quelli giustificati anche oggi, anche adesso, a scagliare prime pietre fino a metterci una pietra sopra? In nome di quali principii si sentono nel giusto? Sarà per me sempre un mistero?
Vedo un cielo di pietre che non si rischiara, anche sopra il mio labirinto, mai.
Ho abbattuto 25 giovani alberi per fare un recinto. Sia destino d’uomo. Prenderò senza discussioni questo limitare di spazi e di vite.
Pervengo alla convinzione che l’unico segno che devo voler lasciare è la cosciente cancellazione delle mie tracce, senza pretendere che nemmeno questa possa essere completa, perché nemmeno in questo ci si può accanire.
Ciò non m’impedirà di fare e di avere progetti, alti sentimenti e ammirazioni. Mi convinco che un progetto che non opprima nessuno è l’unica impresa possibile. Guardiamoci bene da un gioco che possa opprimere! Fosse anche ricco di saldi principi che apparentemente sembrassero giustificabili, fosse anche colmo di responsabilità a cui interamente sacrificarsi. Nulla ci giustificherebbe se il progetto creasse una dipendenza o un giogo, se fosse qualcosa d’altro che uno stare accanto agli altri o qualcosa di più che fornire un sostegno, ma in modo che nessuna stampella possa mettere radici.
Ora invece le imprese che vedo così nominarsi sono quelle che creano dipendenza e responsabili meccanici che ambiscono all’elite per avere un po’ di libertà, per poter classificare gli uomini sottoposti. Sia pure chiamato destino d’uomo, sarà sempre per me inconcepibile che qualcuno si pieghi a fare con metodo un lavoro sporco. Inconcepibile pianificare il proprio essere limite e accettarlo come incolpevole.
È questo ciò che lascio, ma riuscirò veramente a lasciarlo venendomene in Africa?
Sarò semplicemente un uomo libero. Come qualcuno disse di essere una volta limitando la mia libertà, e solo a quel costo?
Chi sono quelli giustificati anche oggi, anche adesso, a scagliare prime pietre fino a metterci una pietra sopra? In nome di quali principii si sentono nel giusto? Sarà per me sempre un mistero?
Vedo un cielo di pietre che non si rischiara, anche sopra il mio labirinto, mai.
“E profeti come Isaia e Geremia ricordavano il tempo in cui il loro popolo era una stirpe di forti, che non sentiva il bisogno di consolarsi con le immagini. Per questa ragione deprecavano il Tempio che i Figli di Dio avevano mutato in una galleria di sculture, ed esortavano al vandalismo e a un ritorno alle tende.
E noi non aspiriamo tutti a rovesciare i nostri altari e a liberarci dei nostri possessi? Non guardiamo con freddezza ciò che ci ingombra, dicendo: “Se questi oggetti esprimono la mia personalità, allora io odio la mia personalità”? che cosa, infatti, stando all’evidenza, arricchisce la vita meno di un’opera d’arte?”
Bruce Chatwin, “La moralità delle cose”
Il cartello per casa nostra.
A Dubulà tra i Jardiniers.
Dopo un anno sopra il 'tagliaebrucia' che fa posto a campi effimeri.
Una scimmia rossa a Keuni.
Con Nicola il camaleonte.
Hilde con Marguillat (Agama) sull'albero della loro compagnia.
-
©2024 MarcoFintina.com