LUGLIO '08
“Comment, disaient-ils, peut-on parler de développement au milieu d’une telle pauvreté? De quel développement s’agit-il quand toute la nation est écrasée par la misère, que ses provinces sont affamées, que seuls les riches peuvent s’offrir des souliers, qu’une infime minorité sait lire et écrire, que les malades meurent faute d’hopitaux et de médecins, que l’ignorance et l’analphabétisme règnent partout, et la barbarie, l’humiliation, l’écrasement, le despotisme, l’exploitation, le désespoir, et bien d’autres choses encore, cher visiteur.” (…)“Le peuple ne demandait que cela, car il croyait que le développement était synonyme de plaisirs et de fetes; il réclamait inlassablement des provendes et du progrés, des douceurs à l’excès.”
Il periodo migliore per la semina del mais e dell'arachide era tutto il mese di giugno, ma gli n’gambay, che non sembrano affatto essere afflitti dal tempo, seminano talvolta a loro rischio anche a inizio luglio, quando finalmente le piogge rendono la terra un po’ meno dura. Molti n’gambay qui a Gagal sembrano non essere ancora toccati dalla periodica carestia, la soudure (saldatura) che tocca i suoi apici proprio tra questo mese e il prossimo, tra la semina e la raccolta, durante i quali solo i più avveduti riescono ad immagazzinare a sufficienza. È un fatto che non manca di stupire i nostri occhi vedere che in una terra così verde al momento della semina spesso poi non si riesca a stoccare al raccolto una quantità di sementi tali da poter essere conservati per affrontare con la maggior comodità possibile la ciclica carestia di questo periodo. È vero che le arachidi hanno una grande importanza, vengono utilizzate come denaro, come garanzia, mangiate e usate per l’olio, è vero che il miglio viene spesso dissipato per l’eccessiva produzione di bili-bili, la birra locale; che le verdure non possono essere conservate a lungo, che esiste lo striga, che ci sono gli animali nocivi alle colture e le alluvioni da cui difendere i granai e che le varietà precoci non sono mai abbastanza precoci; ma nonostante tutto, si ha l’impressione che esista nelle persone una sorta di fatalismo tradizionalistico, la fede in un destino inscalzabile che deve far loro avere sempre fame in questo periodo, perchè è così.
E adesso la fame deve essere tanta perchè questo è tempo di lavoro, si ha intorno la vera vita rurale fatta di buoi, aratri e carretti; il gran lavoro di braccia, di gambe e di schiene; forse non “ottimizzato” ma che parrebbe più che sufficiente alla vita di un villaggio, per non patir la fame.
Eppure molte famiglie passano sempre questi due mesi come periodici mesi di stenti dove il rischio di passare giornate senza cibo, specialmente per i bambini, è grande.
Si direbbe che qui qualsiasi tentativo di forzare il tempo ripristini il concetto greco di hibrys e che chi se ne macchia abbia contro tutta la comunità, accade spesso che coloro che tentano di migliorare il lavoro e la produzione con qualche tecnica nuova (che non sia un regalo tecnologico, sempre ben accetto se viene dall’esterno) vengano tacciati di stregoneria come se andassero contronatura. Non è un semplice fatto di gelosia che spinge gli uomini a vedere nel ribelle, fosse pure emancipato, un traditore; è una ragione più profonda che qui tenta di appianare le persone e a metterle tutte allo stesso livello.
Da qui l’idea (secondo il bisogno manifesto e manifestato) di accompagnare la gente a convincersi che è possibile mantenere meglio e più a lungo le sementi, e le ricchezze accumulate. Gli impedimenti a quest’ottica, a questa mentalità però, che a parole è compresa e desiderata, sono tantissimi e strettamente interlacciati: l’incertezza di sopravvivere ad una minima malattia già rende sospettosi verso il futuro, il senso di comunità che è tutta la vita di un villaggio ne frena l'idea a livello individuale, i capi e gli anziani non vedono infatti molto di buon occhio chi prende iniziative nuove che non ricadano positivamente sugli altri (ma nel senso di "bene spartito" più che di “bene comune”); e la tradizione, che pure è già divelta, non si tocca, e nessun giovane ci si può mai scontrare frontalmente.
Questo nel nostro tempo, così violento a importare altri tipi d'innovazione, toglie prospettiva alla vita stessa del villaggio; a questo va sommato il fascino nei giovani dei racconti di città illuminate e di ricchezze, le mezze verità inattingibili dell'occidente, dei paesi arabi, della cina.
Ma tutti coltivano la terra perché non c'è fuga, non c’è posto per l’uomo fuori della propria comunità, e bisogna pur mangiare, fare i figli e mandare avanti la vita, con la massima soddisfazione possibile, che qui non è molta.
l'unica certezza è che finalmente sta arrivando la pioggia.
Cammino lento come un camaleonte, cammino per la città di Pala, più lento dei matti che sono anche qui con vestiti logori e sguardi sperduti che si acuminano quando m’intercettano sulle loro strade sgarruppate; io risveglio il loro interesse. Ho stretto le mani a mani senza dita e non
ho avuto tanto poco cuore di fare la carità su quei palmi nudi. I bambini ad ogni angolo ridono e sembrano divertirsi come pazzi con i loro poveri giochi di fango e spazzatura. Le madri con i poppanti legati alla schiena avanzano con enormi bacini in testa in un equilibrato portamento di quotidiana maestà, e penso sia l’immagine umana di massima nobiltà in questo paesaggio bellissimo di natura forte e di rovine che sono chiamate case. I cieli così vasti danno la sensazione di attrarti nel tiraggio di un camino infinito. Quanto è grande e vivente questa monotona pianura, brulicante di uomini e donne. Quante persone a camminare sulle strade bucate, le poche strade su cui passano tutti i mezzi. Piano e lento comincio a lasciarmi assorbire da questa poesia facile che chiunque può trarre dalla differenza. Porto ancora appesa la sospensione della mia inquietudine, lenta a manifestarsi, lenta ad estinguersi. Ma i miei amori non restano sospesi, imparano una nuova lingua, sento odore di dolore e riconciliazione.
Aiutami a capire questo destino abolito “Avevo un mondo, me lo rapirono”, nessun scacco a nessun tema. Aiutami a ripresentarlo senza false rappresentazioni, che se è male sia senza vergogna.
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