MARZO '12
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"I capolavori sono vendicativi"
Giorgio Manganelli, La favola pitagorica
E' venuto a trovarmi da chissà dove, trent'anni che non lo vedevo il vecchio, caro compagno di scuola, mio stesso nome, mia etá, da sempre più simpatico di me.
Riusciva a baciare le bambine che mi piacevano di più, che lo tenevano in maggior considerazione di me. Ma oggi lo amo di più io.
Entusiasta, è venuto a trovarmi in un momento incongruo come sempre sono i momenti casuali.
Mi ha smascherato mentre temporeggiavo incerto in quegli attimi che precedono il riconoscimento; eravamo soli con le nostre donne in quell'area, io facevo un drago.
Così magnifico, Marco, ridiventava poco a poco il non estraneo che per me era il bambino, il felino cresciuto di cui ora riconoscevo l'ordine preciso delle macchie. Ci siamo trasmessi il più possibile, ma non basterebbe molto più tempo; in fondo io restavo sconcertato, troppo stanco e guardingo, con l'aria colpevole di chi non si trova mai in casa e non onora le feste.
Perchè questa volta è stata sventata d'improvviso la mia elusività, sono stato casualmente sorpreso e una volta caduto nel flash della trappola, identificato per una luce negli occhi che avrei mantenuto e che ignoro.
Dopo aver parlato brevissimamente, riassumendo, raccorciando al massimo, increspando la superficie del dicibile, cercando l'essenziale da esprimere di sè; alla fine mi ha detto: "Ci si rivedrà, chissà, magari tra altri trent'anni", e mi sono sentito prosciugare e avrei voluto dire di no, incontriamoci, vediamoci, beviamoci un caffè... lui ridendo avrebbe preferito una grappa, e certamente anch'io.
Non gli ho chiesto ne il contatto ne l'indirizzo, ne il numero.
E' andato, intrattenibile come il tempo. È stato veloce.
Così è venuto in dono e non l'ho trattenuto.
Riusciva a baciare le bambine che mi piacevano di più, che lo tenevano in maggior considerazione di me. Ma oggi lo amo di più io.
Entusiasta, è venuto a trovarmi in un momento incongruo come sempre sono i momenti casuali.
Mi ha smascherato mentre temporeggiavo incerto in quegli attimi che precedono il riconoscimento; eravamo soli con le nostre donne in quell'area, io facevo un drago.
Così magnifico, Marco, ridiventava poco a poco il non estraneo che per me era il bambino, il felino cresciuto di cui ora riconoscevo l'ordine preciso delle macchie. Ci siamo trasmessi il più possibile, ma non basterebbe molto più tempo; in fondo io restavo sconcertato, troppo stanco e guardingo, con l'aria colpevole di chi non si trova mai in casa e non onora le feste.
Perchè questa volta è stata sventata d'improvviso la mia elusività, sono stato casualmente sorpreso e una volta caduto nel flash della trappola, identificato per una luce negli occhi che avrei mantenuto e che ignoro.
Dopo aver parlato brevissimamente, riassumendo, raccorciando al massimo, increspando la superficie del dicibile, cercando l'essenziale da esprimere di sè; alla fine mi ha detto: "Ci si rivedrà, chissà, magari tra altri trent'anni", e mi sono sentito prosciugare e avrei voluto dire di no, incontriamoci, vediamoci, beviamoci un caffè... lui ridendo avrebbe preferito una grappa, e certamente anch'io.
Non gli ho chiesto ne il contatto ne l'indirizzo, ne il numero.
E' andato, intrattenibile come il tempo. È stato veloce.
Così è venuto in dono e non l'ho trattenuto.
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