Posizioni
Sergio Quinzio: “Diario Profetico”
Quali disfatte sono possibili nel comune tentativo di restare a galla, in equilibrio. Tartarughe al sole sopra un tronco alla deriva, questo è attendere e sospendersi, non sarei sorpreso se nel giorno dei giorni venissimo giudicati non tanto per le colpe e i talenti sprecati quanto per le acrobazie ridicole che abbiamo escogitato nel fine di trovare un posto, una posizione geometrica con cui inserirsi ed essere riconosciuti nel mondo; perché il giudizio universale potrebbe essere la critica estetica di una pantomima.
Tendiamo ad un equilibrio personale, ad un baricentro stabile, ad un’asse da cui poter, il più comodamente possibile, individuare le conseguenze delle nostre attuali posizioni, il nostro stile di posizionamento.
Si ripropone il dilemma che vede nel destino l’andamento stilistico di un linguaggio che ha regole precise seppure mutevoli. Come fosse il gioco da tavolo in cui le nostre automobili sono le pedine e già parlano di noi, per noi.
Il giudizio comune sulle nostre scelte, valutazioni, abitudini, consuetudini sul gusto, sui nostri ruoli lavorativi e sociali, sulla funzione di ciò che compriamo e vendiamo, sulle argomentazioni che diamo alle nostre scelte, su come le giustifichiamo; nel doppio sogno tra gli altri e noi.
Queste sono le nostre posizioni, ma come si individuano, qual è la loro evidenza vera? A colpo d’occhio sono le cose che possediamo e la disinvoltura che usiamo verso di loro che dichiarano la posizione che abbiamo, e le cose sembrano parlare di noi, del nostro gusto, del nostro giudizio, della nostra “anima” divenuta, confusamente sinonimo di “status”. La mia anima è il mio “status”, la mia posizione. Le mie cose sono le individuazioni della mia anima. Io sono ciò di cui mi circondo.
Tanto più avrà un valore culturale il posizionamento, se parto dal mio perimetro, il volante, la scrivania , l’abito, la mia pulizia tutto reca la vistosità del mio "status", se inganno sono strano, sono ambiguo e disposto a questa fatica per qualche segreto. Il sistema però prevede sia il "bluff" che l’inganno per sforzare il proprio posizionamento.
A questo scopo sembra che il “bluff”, della propria parola e della propria condotta di vita, purchè certificato, abbia davvero molto valore; poiché non c’è alcuna posizione “vera”, è la patente che in primo luogo rende abili alla guida. Tra il saper guidare o meno non ci sarebbe più alcuna vera differenza purchè il vero o il falso valgano la posizione. Questa rappresenta il “fatto”, il punto da cui si parte per una nuova possibilità d’azione.
Per questo le posizioni stabiliscono al massimo grado il criterio estetico, rappresentano nello stesso tempo la situazione di fatto e un principio di previsione sul futuro. L’apparenza esteriore si chiama moda, la discussione e l’argomentazione è basata sempre sulla difesa o sulla caduta da una qualche posizione e si chiama conflitto d’interessi.
Nessuno si occupa degli apostati come di persone ragionevoli, chi rinuncia ad una buona posizione, specie se guadagnata, è un pazzo, un destabilizzatore del gioco sociale, un irresponsabile… eppure…
Saltando alle conclusioni di un argomento eterno e periodico, perciò infinito, si può uscire dall’apparenza solo con un atto di fede, che imponga alla grazia di scendere su di noi; a prezzo di qualsiasi rinuncia, di qualsiasi apostasia o cambio di rotta.
Volere il dono a partire da una posizione a caso.
Altrimenti la posizione del non posizionato è solo un qualche tipo di emarginazione o di morte, come l’ha sempre intesa la maggior parte degli uomini.
Ultima Cena
In terra d’Africa il re D. Sebastiao perse la vita,
irreversibilmente interrompendo la successione dei re
che promossero l’epoca eroica portoghese.