GIUGNO '07
- Prologo all’Eternità -
Tutto è stato scritto, tutto è stato detto, tutto è stato fatto, si sentì dire Dio e non aveva ancora creato il mondo, non c’era ancora nulla. Anche questo me l’hanno già detto, replico forse dal vecchio, abissale Nulla. E cominciò.La frase di una canzone popolare mi cantò una rumena e in seguito la ritrovai dieci volte in opere e autori degli ultimi quattrocento anni. Non vi è dubbio che le cose non hanno inizio, o non iniziano quando le si inventa. O il mondo è stato inventato antico.
Macedonio Fernández, “Museo del romanzo della Eterna (Primo romanzo bello)”
M.F.
Avendo in questi giorni ripreso in mano il "primo romanzo bello" di Macedonio, non posso che riempirmi di un fiotto d'amore e giocarmici in una (spero non troppo) sacrilega assimilazione.
foto di Giuseppe Acampora
Dopo un anno passato in India, sei venuto a trovarmi.
Come mi ha fatto piacere rivederti. Bentornato Giuseppe!
Come mi ha fatto piacere rivederti. Bentornato Giuseppe!
Il mio lavoro in allestimento a S.Gregorio.
L'arte è un uccello sfuggito all'Uccellatore
2007 finora:
- I quattro cicli -
Quattro sono le storie. Una, la più antica, è quella di una forte città assediata e difesa da uomini coraggiosi. I difensori sanno che la città sarà consegnata al ferro e al fuoco e che la loro battaglia è inutile; il più famoso degli aggressori, Achille, sa che il suo destino è di morire prima della vittoria. I secoli aggiunsero elementi di magia. Si disse che Elena di Troia, per la quale gli eserciti morirono, era una bella nuvola, un’ombra; si disse che il grande cavallo vuoto nel quale si nascosero i greci era anch’esso un’apparenza. Omero non sarà stato il primo poeta che raccolse la favola; qualcuno, nel quattordicesimo secolo, lasciò questa riga che vaga nella mia memoria: The borgh brittened and brent to brondes and askes. Dante Gabriel Rossetti avrebbe poi immaginato che la sorte di Troia fosse stata segnata nell’istante in cui Paride brucia d’amore per Elena; Yeats doveva scegliere l’istante in cui si confondono Leda e il cigno ch’era un dio.
Un’altra, che si ricollega alla prima, è quella di un ritorno. Quello di Ulisse, che, dopo avere errato dieci anni per mari pericolosi, dopo essersi fermato su isole incantate, ritorna alla sua Itaca; quello delle divinità del Nord che, una volta distrutta la terra, la vedono sorgere dal mare, verde e lucida, e trovano abbandonati sull’erba i pezzi degli scacchi con cui stavano prima giocando.
La terza storia è quella di una ricerca. Possiamo vedere in essa una variante della forma precedente. Giasone e il Vello; i trenta uccelli del persiano, che attraversano montagne e mari e vedono la faccia del loro Dio, il Simurg, che è ognuno di loro e tutti loro. Nel passato ogni impresa era fortunata. Qualcuno rubava, alla fine, le proibite mele d’oro; qualcuno, alla fine meritava la conquista del Graal. Adesso, la ricerca è condannata all’insuccesso. Il capitano Ahab trova la balena e la balena lo fa a pezzi; gli eroi di James o di Kafka possono aspettarsi soltanto la sconfitta. Siamo così poveri di coraggio e di fede che il lieto fine ormai non è che una lusinga industriale. Non possiamo credere al cielo, ma all’inferno si.
L’ultima storia è quella del sacrificio di un dio. Atis, in Frigia, si mutila e si uccide; Odino, sacrificato a Odino, Egli stesso a Se stesso, pende dall’albero nove notti ed è ferito da lancia; Cristo è crocifisso dai romani.
Quattro sono le storie. Per tutto il tempo che ci rimane continueremo a narrarle trasformate.
Un’altra, che si ricollega alla prima, è quella di un ritorno. Quello di Ulisse, che, dopo avere errato dieci anni per mari pericolosi, dopo essersi fermato su isole incantate, ritorna alla sua Itaca; quello delle divinità del Nord che, una volta distrutta la terra, la vedono sorgere dal mare, verde e lucida, e trovano abbandonati sull’erba i pezzi degli scacchi con cui stavano prima giocando.
La terza storia è quella di una ricerca. Possiamo vedere in essa una variante della forma precedente. Giasone e il Vello; i trenta uccelli del persiano, che attraversano montagne e mari e vedono la faccia del loro Dio, il Simurg, che è ognuno di loro e tutti loro. Nel passato ogni impresa era fortunata. Qualcuno rubava, alla fine, le proibite mele d’oro; qualcuno, alla fine meritava la conquista del Graal. Adesso, la ricerca è condannata all’insuccesso. Il capitano Ahab trova la balena e la balena lo fa a pezzi; gli eroi di James o di Kafka possono aspettarsi soltanto la sconfitta. Siamo così poveri di coraggio e di fede che il lieto fine ormai non è che una lusinga industriale. Non possiamo credere al cielo, ma all’inferno si.
L’ultima storia è quella del sacrificio di un dio. Atis, in Frigia, si mutila e si uccide; Odino, sacrificato a Odino, Egli stesso a Se stesso, pende dall’albero nove notti ed è ferito da lancia; Cristo è crocifisso dai romani.
Quattro sono le storie. Per tutto il tempo che ci rimane continueremo a narrarle trasformate.
Jorge Louis Borges, "L’oro delle tigri"
In memoria della tartaruga che volava in Laboratorio-fortezza.