NOVEMBRE '07

Ho giustamente sentito freddezza nei pareri riguardo i miei ultimi scritti, anche da coloro che mi hanno nel cuore, il fatto è che non riesco ancora nonostante tutto ad accettare di non avere più alcun peso alle porte dell'arte. Non ho mai avuto un vero accesso (il vero accesso è economico) a quel mondo, eppure il mio lungo lavoro come scultore rendendolo apparentemente accessibile lo faceva essere, almeno elettivamente la mia possibilità di vivere di una passione. Non ho mai desiderato vivere di arte, fare dell'arte un lavoro non è mai stato un desiderio, non mi sono mai sentito escluso dal non essere stato “venduto”. E allora?
Grazie!
Grazie a questo essere emarginato dai flussi del mercato, per la mia idea di libertà e per la mia salute è stata una vera benedizione, ora infatti posso rivolgermi con rinnovata fede a nuove passioni che credo giuste, anzi più giuste!
Riesce chi vive d'arte meglio di me nella vita? Chi vive d'arte mi può, a ragione, considerare fallito? Uno dei dispersi per via... mi voglio sentir pesare forte queste parole sul groppone adesso che ho trentaquattro anni, in modo da murarle dentro a quella che per me è una scelta di resistenza nuova.
Non sarebbe forse stato impossibile avere un nuovo laboratorio, continuare a scolpire e modellare, ma sarebbe stato sempre più difficile continuare sul sentiero intrapreso per passione trasformando la passione nel giogo del lavoro, e questo lo so bene, tanti casi ho davanti a me.
Un primo bilancio di questi mesi di formazione e di vita senza scultura e senza teatro mi fanno sentire come un mutilato con le ali.
Nuovi stimoli prevalgono, ora so che ogni esperienza deve tendere al creativo e al collaborativo.
Questo il nuovo teatro: il Tchad.
Questa la nuova argilla.