Trieste

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Vivi, ragazzo.
                        Su un muro.

Trieste è bellissima.
Trieste è la mia città per 45 giorni, e sparse su di lei oggi puoi vedere le brutte sculture dei suoi letterati illustri, come borghesi a cui un'inaspettata fama avesse meritato l'incantesimo di una trasformarmazione in bronzo.
Non c'è ancora stata la bora, c'è però una fitta nebbia che s'addensa sul mare, stagno d'indistinzione.
Ma io sento lo stesso il vento soffiare e spazzar via la mia aridità.
Il cielo è rosso è il libro dove si racconta una storia a margine del bombardamento di Treviso nella seconda guerra mondiale, quando nella mia città si è dovuto scavare a lungo per recuperare i morti.
Mentre qui vicino, a Basovizza ho visto uno dei luoghi tragici dell'inumazione; gli italiani sepolti senza speranza di luce, nello stesso periodo, tra Trieste e le attuali Slovenia e Croazia.

E questo è il mio tempo, ora una battaglia in un paese lontano come il Tchad mi fa ricordare la guerra dei miei genitori, e quegli spostamenti di profughi e quelle ragioni politiche e strategiche delle spartizioni dei territori, e quelle lotte di potere che tenacemente riempirono le cronache del mondo. Tutto ciò che era quì continua ad essere là dove andrò e mi pare di essere un portatore sano di una storia smarrita, che pure è mia ma che non ho visto perchè mi è capitato di evitarla. Eppure  ne sono coinvolto insieme a tutta la specie, e oggi questa storia ripetitiva e ciclica mi coglie per via delle tensioni in Tchad e mi lascia tracce che perdono di definizione nella nebbia, come quando ci si sperde nel considerare l'infinito o le connessioni globali.
Forse per me è e deve essere solo la storia di una partenza rimandata, semplicemente la storia di una seccatura.



Noi conosciamo quelli che chiamiamo olocausti sempre così. E' attraverso le fosse che la terra accoglie la nostra storia e con la scultura per memoria il ricordo si fa più triste. Il monumento è il triste modo di pubblicare il ricordo comune di un luogo, ma non c'è altro modo perchè non c'è un ricordo comune altrettanto resistente. Non i libri, i documenti o i siti internet sanno stare all'aria e sopra la terra come il simbolo di bronzo che copre la foiba, il simbolo prima della memoria e poi dell'oblio che sarà la seconda morte, quella vera e pacifica.
I fiori verdi crescono ancora tra i sassi perchè si sa che i morti fecondano la terra. Senza pace sui vivi s'immaginano tutte le primavere che i loro morti favoriscono, senza pace tutti i cibi che da loro provengono.
Ma invece si vive sopra la terra come se fosse niente.
La morte obbliga ad essere ingiusti. Perchè l'ingiustizia che colpisce chi muore è immedicabile nel mondo, e appena consolabile nel regno: da essa nascono tutte le altre ingiustizie, prima di tutte il continuare a vivere di chi resta.

Noi senza esodi, bombardamenti e rivoluzioni sapremo essere un po' più giusti?
Cosa noi di questo possiamo ancora testimoniare? Di quale morte, se non la nostra, potremo dare l'immagine?



*  PROPOSITI DI TRIESTE  *























































Il monumento sopra la foiba a Basovizza.
Il monumento sopra la foiba a Basovizza.