SETTEMBRE'08
Torna a Signs/Opinions
Credo che sappiano bene che quando li si fotografa senza rendergli poi la propria immagine, in qualche modo li si priva di qualcosa, forse non il furto dell’anima, ma qualcosa che preferirebbero avere nelle loro mani. Sorridono sempre però quando si rivedono nello schermo della mia macchinetta fotografica, anche se un attimo prima erano serissimi.
È come se recuperassero in maniera sofisticata la propria dignità, nell’atto stesso di sapersi ritratti.
A N’Djamena e in genere nelle città, le persone chiedono di essere pagate per mettersi in posa, ma anche qui nei villaggi, a fotografare qualcuno senza permesso si rischiano malumori; non so se è esattamente il senso della privacy come noi l’intendiamo, ma essere colti alla sprovvista per loro come per noi è un gesto sgarbato contro il pudore.
Si cede la propria immagine preferibilmente se poi ci viene resa e se ci rappresenta come vogliamo apparire: se stessi certo, ma verosimilmente più belli e dignitosi.
Solo i bambini, non essendo ancora propriamente “persone”, possono benissimo essere fotografati. Attori naturali sembrano liberi di essere sempre ciò che appaiono.
La questione delle foto resta delicata e fa pensare all’immagine come una maschera.
Forse l’anima è veramente legata alla nostra immagine e si può pensare di “truccarla” soltanto con la tecnica della posa, per questo esisterebbero tanti professionisti dell’apparire. Certo questo, almeno qui, è solo in abbozzo e si può pensare che una foto sia tanto un furto come un’occasione. Restando a quello che vedo, posso dire che la posa sembra una disposizione comune a tutti gli uomini.
Possiamo fotografare senza avvertire solo chi si fida di noi, chi ci dà confidenza, coloro che beneficiamo, chi può trasmettere dignità, o chi ci vuole bene.
O ancora, possiamo fotografare qui come da noi, gli uomini pubblici, che sanno già di dover apparire e come apparire, i narcisisti che sono innamorati della propria immagine; o quelli che sanno che malgrado tutto daranno sempre di sé un’immagine sbagliata, che non sanno mascherarsi di un miglior profilo e che sperperano tutto, anche e a maggior ragione, se esiste, l’anima; quelli che hanno lo strano fervore di rendere l’anima per restare nudi, quelli che accettano di vedersi duplicati per poter sempre pensare: non sono io.
Non smette mai di sorprendermi il fatto che qui a Gagal o tra gli n’gambay in genere non esista alcuna forma di rappresentazione, nessuna forma visibile d’arte dell’immagine (forse la notte, tra i tam tam… ma se è così fa parte delle cose nascoste).
Sembra che tutte le rappresentazioni in immagini che concepiscano siano d’importazione o appartengano alla tecnologia fotografica. Nessun pittore, nessun scultore, nessun artista, nessun intenditore.
Un paradiso.
AGOSTO'08
LUGLIO'08
GIUGNO'08
"Un défi aussi direct devait être relevé. Et cela conduisit Augustin à découvrir une nouvelle approche du problème du mal. Il s’efforcera d’expliquer la permanence du mal dans la volonté humaine en termes purement psychologiques, comme une force irrésistible de l’habitude, consuetudo, qui tire sa puissance du fonctionnement de la mémoire humaine. Le plaisir tiré d’actions passées est gravé dans la mémoire et ainsi perpétué. Mais, et c’est là la découverte d’Augustin, ce mécanisme ne se réduit pas à une simple conservation : car, en raison d’une certaine faiblesse mystérieuse, le plaisir de chaque acte mauvais est amplifié et transformé en étant remémoré et réitéré. Et c’est ainsi qu’une habitude contraignante en vient bientôt à s’établir.
C’est de cette façon qu’Augustin est conduit à voir l’homme comme lié par la continuité de sa vie intérieure. Dans un passage d’une grande force Augustin compare l’âme captive du poids de ses habitudes à Lazare gisant mort dans son tombeau pendant trois jours. Le déplacement d’accent qu’ implique ce symbolisme mène très loin : il n’est plus possible désormais de parler du corps de l’homme comme de l’unique « tombeau » de son âme. Augustin avait été amené à découvrir le processus mystérieux par lequel l’homme peut aussi créer sa propre tombe à l’intérieur de sa mémoire."
Agostino, africano animoso e strano, pieno di tensioni, d’invenzioni e di stabilità, un grande artista tutto teso alla verità ma che vive per contraddire, distruggere, edificare ex-novo. Lo studio, l’ambizione, il viaggio a luogo consono, i sensi carnali, il manicheismo, Monica, Cicerone, l’idea della saggezza come stile, l’ozio necessario per coltivarla, gli scritti sul male e sulla grazia, Ambrogio e la vera fede, il platonismo, l’amicizia e la castità, il battesimo, diventare prete, diventare vescovo, Hippo Regius, combattere i nemici: il donatismo e il paganesimo, il sacco di Roma, la scrittura della Città di Dio, Civitas peregrina, Causa Gratiae, Fundatissima fides… contro Pelagio, contro Caelestius, contro… fino alla morte nel momento in cui la città d’Ippona è assediata dai vandali.
Il problema non era avere o no la fede ma avere una fede nella quale una mente come quella d’Agostino potesse “progredire”.
Quando si arriva a Dio bisogna, per così dire, sovrastarlo, per essere artisti in nome suo. Bisogna umilmente risistemarlo, reinventarlo. Ma tutto questo non deve mai chiamarsi arte.
Ma se non si è così dotati e si seguono come pecore i dettami dei pastori? o se si cerca di fabbricarsi minuscole teologie in proprio, fatte ad hoc per il “se stesso di questo particolare momento”? O altrimenti che tipo di tensione avere per essere "artisti" nella fede? I pastori o sono Dei o tiranni, o entrambe le cose; e le teologie private sono talvolta patetici tentativi di conciliazione tra le angoscie e la tentazione di credere.
Nella mia teologia frammentaria, lacunosa e inframmezzata di fantasie troveranno sempre posto alcune delle dottrine di Agostino che ho amato. Sarà il corso almeno di un'ammirazione.
Mi chiedo se sarà ancora possibile un così grande percorso nella fede all'interno della chiesa.
L’avventura speculativa e spirituale di Agostino, destinata a bagnare la fede cattolica della luce metafisica di Plotino ha fatto lunga strada dal quarto secolo. Agostino, padre della chiesa, ha lottato con cervello, unghie e denti per essa, senza mancare di essere spietato. Leggendolo sembra che abbia combattuto i suoi nemici volando sopra le loro teste, ma a maggior gloria di una cittadella: la Chiesa tanto terrena, terrificante tenerezza di allattare un mostro.
I suoi libri però, che grazie a Dio noi possiamo leggere, restano ancora meravigliosamente i “suoi” libri.
Dopo di lui, oggi, la grande chiesa cattolica nordafricana per la cui salvezza tanto si è battuto, non esiste più, spazzata via da una nuova fede di cui certo Agostino non poteva avere idea.
"Voici qu’en toi, o Vérité, je me vois… Mais suis-je bien tel, je ne sais… Je t’en conjure, mon Dieu, montre-moi ce que je suis réellement."
Il male non smette di esser tale perché si è osato guardarlo, ti viene a cercare e quando non si può evitare sembra senza spiegazione.
Un bambino perfetto con un piede destro grande come un melone in cui galleggiano quattro piccole dita più una grande grande quanto il piede stesso mi chiede per questo dei soldi. Un uomo senza braccia chiede monete da mettergli sulla lingua, come per pagare un giro di giostra. Tante cose che non stanno l’una con l’altra e di fronte a cui non c’è nascondiglio. Fosse il prezzo soltanto quello di rinunciare al loro sorriso.
Bisogna tenere un comportamento, anzi un codice e decidere che è giusto essere, anzi sentirsi così ingiusti; ma non sono qui per gestire un potere, tanto meno questo, so che sono per loro solo l’immagine a cui si può chiedere, l’incarnazione di un ruolo. Li deluderò, sono così diverso, mi distanzio dai ruoli e m’ingannano le cose che appaiono simili, trovo somiglianze ovunque; poi sprofondo nella differenza.
Loro abitano il mio spaesamento e io li vedo in me con un occhio miope e uno ipermetrope come verità che non stanno insieme perché non c’è discorso che me li possa spiegare, perchè abitando l’inferno terrestre avendo rinunciato alla consolazione dell’immagine – sola malattia di cui potessi vivere – non c’è limite allo smarrimento ed è il solo modo per mantenere la retta via.
Tra i cereali e la gioia della raccolta si sente la forza positiva del seme.
La consueta sequela di tutte le similitudini viene di forza alla mente di fronte a questo peso d'oro : Il seme-cibo che feconda la terra e nutre l’uomo, il frutto del lavoro, le parabole del buon seminatore, lo studio come seme dell’attività futura, la dottrina che è seme del risveglio, il giudizio che separerà il buon seme dal cattivo, ecc. Ma quanti germogli sono frutto a se stessi o muoiono prima di darne? Il seme e la sua avventura non fanno che differire il senso.
In questi campi stentati invece, nella semplice evidenza del cibo che cresce, sembra che tutto viva, compresi gl’inevitabili parassiti.
Sembra che ogni promessa di vita non sia fine a se stessa, che pur orientandosi al suo fine non abbia grande importanza che lo raggiunga purchè la terra, oscuramente, pulluli.
CIAD
10/9/2008 14.04
PETROLIO: BANCA MONDIALE SOSPENDE ACCORDI CON N’DJAMENA
“Mancano le condizioni per portare avanti gli accordi di cooperazione volti al finanziamento delle infrastrutture petrolifere in Ciad”. Lo ha reso noto oggi la Banca mondiale (Bm) sospendendo l’intesa stipulata nel 2005 con il governo di N’Djamena che prevedeva il sostegno finanziario per la realizzazione di infrastrutture petrolifere da affiancare all’oleodotto che collega il paese con il Camerun. Secondo la Banca Mondiale, N’djamena non avrebbe rispettato i termini dell’accordo che prevedeva che le autorità ciadiane avrebbero dovuto investire una parte degli introiti petroliferi in un ‘fondo per le generazioni future’ e in programmi per la lotta alla povertà. N’Djamena ha accettato, rispondendo a una richiesta dell’istituto di credito, di rimborsare alla banca l’equivalente dei fondi stanziati per la costruzione dell’oleodotto, mettendo così fine alla partecipazione dell’organismo nel progetto. La polemica “petrolifera” tra l’istituto finanziario di Washington e il governo di Idris Deby, di cui l’annuncio della Bm costituisce solo l’ultima puntata, si inserisce in un complesso e poco chiaro quadro di accuse reciproche che coinvolge anche interessi stranieri – Usa e Francia, ma anche Cina - per i nuovi giacimenti petroliferi del paese, il cui governo è impegnato in una dura repressione dei movimenti armati dell’est, lungo il confine con il Sudan. Più volte in passato, la Bm aveva congelato i finanziamenti dopo la decisione del Parlamento di N’Djamena di dirottare parte degli introiti del greggio ai settori della difesa. [AdL]
CIAD
10/9/2008 17.02
PETROLIO (2): ACCORDI SOSPESI, CRITICHE DALLA SOCIETA’ CIVILE
“Il presidente Deby utilizza i fondi per finanziare la guerra ma la Banca mondiale (Bm), andandosene, non si assume le sue responsabilità”: lo ha detto Delphine Djiraïbé, coordinatrice del comitato di monitoraggio per la pace e la riconciliazione in Ciad, contattata telefonicamente dalla MISNA poche ore dopo l’annuncio, da parte dell’istituto finanziario di Washington, di ritirarsi da un progetto di finanziamento delle infrastrutture e di sfruttamento delle risorse petrolifere a Doba, nel sud del paese. “Il male è stato già fatto. Le popolazioni del sud vivono peggio di prima e l’oleodotto in questione è già in funzione”, ha osservato la rappresentante della società civile, sottolineando che “la Banca mondiale avrebbe dovuto prevenire questi problemi anni fa invece di voltare le spalle, ora, alla popolazione”. Chiamando in causa le “gravi responsabilità dell’organizzazione finanziaria, che la società civile aveva avvertito dei grandi rischi contenuti nel progetto”, l’avvocato Djiraibé chiede che la Bm “trovi ora delle soluzioni adeguate”. Intanto, da N’Djamena, il governo ha annunciato che una delegazione si recherà presto a Washington per discutere la decisione della Banca Mondiale. “Il Ciad non vuole rompere le sue relazioni con la Banca mondiale - ha detto Ousmane Matar Breme, ministro dell’Economia – ci sono delle incomprensioni riguardo la riforma della legge nazionale sui proventi petroliferi ma faremo di tutto perché siano chiarite”. In passato, l’istituto di Bretton Woods aveva già congelato il finanziamento dei progetti per le infrastrutture petrolifere nel paese accusando il governo di N’Djamena di distrarre i proventi del greggio, destinati – in base agli accordi stipulati con la Bm nel 2005 – ai settori dello sviluppo, per finanziare la lotta contro i ribelli nell’est del paese.[AdL]