OTTOBRE '09
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Guardo questo bosco, fatto di alberi bassi da macchia mediterranea australe, duri nel legno e coriacei nelle foglie. È il raro bosco della cordigliera della costa del Cile centrale, ridotto in piccole aree marginali, arso, tagliato e sostituito dalla monocoltura del pino. Gli alberi più antichi restano improtetti sotto i colpi d’ascia di tutti e sono molto lenti a crescere.
Non si trova un vivaio in cui far crescere piantine di peumo, di boldo, di maqui, di patagua, di quillay.
Per questo iniziamo in questo mese una collaborazione con le scuole della nostra zona in modo da creare almeno tre vivai per il ripopolamento di queste piante ormai poco comuni e endemiche che un tempo coprivano tutte quelle colline che oggi sono nude o coltivate a pino.
Il bosco cileno di foglia dura non avrà forse un’opportunità di sopravvivenza. I contadini del luogo e del nostro progetto si ricordano di quando questo bosco copriva i terreni che erano loro, si ricordano di quando è arrivato il pino, l’eucalipto e le grandi imprese forestali. Gli enti statali considerano l’estinzione di questo bosco quasi come un fatto inevitabile in favore dello sviluppo e del profitto, non preoccupatevi, ci dicono, perché così facendo alcune briciole cadranno anche sul piatto dei poveri campesinos.
Noi pensiamo che se si costringe qualcuno ad aspettare che le briciole cadano dal piatto dei ricchi, questi diventi povero anche se non lo è.
Pochi osano perfino parlare dei responsabili di questa situazione (tra i pochi la ong ambientalista Codeff); gli enti statali che si occupano della protezione ambientale se ne lavano le mani lavando così le mani ai veri responsabili: le grandi imprese forestali, e si incensano per aver trovato in pinus radiata un sostituto boschivo economicamente produttivo con cui il Cile intero possa “crescere”, non parlano mai però dei danni, dell'impoverimento che questa specie straniera produce nel suolo. Il risultato di questa generale mancanza d’informazione è che molti cileni non sanno nemmeno che le piantagioni di pino non sono un bosco e credono che le imprese forestali proteggano la natura. Le stesse imprese fomentano quest’idea con pubblicità ingannevole.
2009
SETTEMBRE'09
AGOSTO'09
LUGLIO'09
GIUGNO'09
MAGGIO'09
APRILE'09
MARZO'09
FEBBRAIO'09
GENNAIO'09
2008
2007
"Cuando la realidad insurgiò ante los ojos de los conquistadores, o la negaron o la destruyeron. Tenochtitlàn fue un sìmbolo. Deslumbrado por ella, Cortés la destruyò implacablemente; y cuando empezò a difundirse el asombro ante las culturas americanas, Carlos V ordenò que no se las indagara ni se profundizara su conocimiento. El continente vacìo debìa quedar vacìo del todo. (…)
Mineros, ganaderos, plantadores, dueños de ingenios, negreros y grandes comerciantes relacionados con la exportacìon de productos locales constituyeron ràpidamente la aristrocacia urbana originaria."
Mineros, ganaderos, plantadores, dueños de ingenios, negreros y grandes comerciantes relacionados con la exportacìon de productos locales constituyeron ràpidamente la aristrocacia urbana originaria."
José Luis Romero, “Latinoamérica las ciudades y las ideas”.
Laureola del sole. Un segno sicuro di Dio sopra le nostre teste - credere nei segni -
Guardo questo bosco, fatto di alberi bassi da macchia mediterranea australe, duri nel legno e coriacei nelle foglie. È il raro bosco della cordigliera della costa del Cile centrale, ridotto in piccole aree marginali, arso, tagliato e sostituito dalla monocoltura del pino. Gli alberi più antichi restano improtetti sotto i colpi d’ascia di tutti e sono molto lenti a crescere.
Non si trova un vivaio in cui far crescere piantine di peumo, di boldo, di maqui, di patagua, di quillay.
Per questo iniziamo in questo mese una collaborazione con le scuole della nostra zona in modo da creare almeno tre vivai per il ripopolamento di queste piante ormai poco comuni e endemiche che un tempo coprivano tutte quelle colline che oggi sono nude o coltivate a pino.
Il bosco cileno di foglia dura non avrà forse un’opportunità di sopravvivenza. I contadini del luogo e del nostro progetto si ricordano di quando questo bosco copriva i terreni che erano loro, si ricordano di quando è arrivato il pino, l’eucalipto e le grandi imprese forestali. Gli enti statali considerano l’estinzione di questo bosco quasi come un fatto inevitabile in favore dello sviluppo e del profitto, non preoccupatevi, ci dicono, perché così facendo alcune briciole cadranno anche sul piatto dei poveri campesinos.
Noi pensiamo che se si costringe qualcuno ad aspettare che le briciole cadano dal piatto dei ricchi, questi diventi povero anche se non lo è.
L’impresa Arauco della Celco ha in mano quasi per intero la proprietà del terreno piantato a pino e dell'l’industria della trasformazione del legno, anche i piccoli proprietari che hanno piantato nelle loro proprietà il pino sotto consiglio di Conaf e Prodesal (stato), per fare un piccolo profitto, saranno costretti alla fine a vendere il loro prodotto a questa impresa. La multinazionale sta fomentando e approfittando così della distruzione del bosco nativo di quest’area del Chile entrando – troppo facilmente – in una logica statale di sviluppo che non tiene conto delle esigenze ambientali e delle popolazioni locali. Ma come spesso accade, anche qui in Chile si tiene in grande rispetto chi tiene il potere, potere e rispetto tendono ad essere sinonimi.
Celco sfrutta buona parte della legna della zona per produrre carta nella cartiera di Licanten: la Licancel, causa nel 1999 e nel 2007 dei due disastri ecologici di cui il Mataquito fu il teatro (per cui la fabbrica fu arrestata per 30 giorni!). Impiantata nel medio corso del nostro fiume, gli scarica ancora tonnellate di rifiuti visibili e maleodoranti che arrivano galleggiando fino all’oceano dove inghirlandano gli scogli di schiuma e di pesci morti. Ma lo stato cileno (Conama) ha addirittura dichiarato la zona adatta all'impianto dell'acquacultura.
Non si pensano strategie più sostenibili per fomentare lo sviluppo della zona. I funzionari di Conaf ci dicono che il bosco nativo originario della costa è un lusso che pochi proprietari possono permettersi. Ma qui non siamo in Tchad dove il problema ambientale era dato davvero dall’uso che ne faceva la popolazione rurale senza alternative, qui ci sono altri metodi di gestione del bosco e del suolo che anche i contadini sembrerebbero pronti ad abbracciare se gli enti statali almeno li informassero o rispettassero le loro conoscenze tradizionali di gestione.
L’attuale mancanza di coscienza riguardo le risorse ambientali è frutto di una mentalità di profitto - profitto di pochi - per cui molti perderanno qualcosa che una volta estirpato non risorgerà.
Chi dovrebbe proteggere il bosco di questo luogo non solo non lo fa ma spinge contro la protezione, come potrà innestarsi una logica di buona gestione e di rispetto in questo scenario?
Intanto le grandi imprese forestali parlano delle loro piantagioni come di boschi, estese foreste naturali, facendo credere che tra i pini ordinati come eserciti possa vivere la fauna nativa della zona, quando è evidente che tra le file di pini regna solo il macabro silenzio dell’assenza di uccelli.
Diciamo allora almeno chiaramente e una volta per tutte che i pini non sono un bosco, come non lo sono i campi di mais e le piantagioni di banani.
Le pinete sono semplicemente la monocultura di questa vastissima parte del Chile.
Proviamo a parlare con i bambini del bosco che già non conoscono perchè sostituito dal pino, sperando che anche le logiche statali e legali presto si convertano alla protezione. Faremo conoscere loro le specie degli alberi, dove vivono e dove vivrebbero, il tipo di suolo, come è ora e come era prima e perché è avvenuto un tale cambiamento nel paesaggio per cui ora ciò che vedono è o pino, in regolari piantagioni o eucalipto o prato con cactus o terra nuda di desertiche colline snudate fino alla roccia.
Parlare ai bambini è l’ultima spiaggia ma anche l’inizio di un grande mare su cui si spera di poter arrivare dall’altra parte.
Ancora oggi è sufficiente la volontà di un uomo, di un’azienda, di una spa per buttar giù in un anno un bosco di alberi antichi.
Mi chiedo in quale girone Dante avrebbe messo gli assassini dei boschi, ora che anche quaggiù, dall'altra parte del mondo, l’oscurità globale impedisce di trovare una qualsiasi selva oscura in cui perdersi.
Celco sfrutta buona parte della legna della zona per produrre carta nella cartiera di Licanten: la Licancel, causa nel 1999 e nel 2007 dei due disastri ecologici di cui il Mataquito fu il teatro (per cui la fabbrica fu arrestata per 30 giorni!). Impiantata nel medio corso del nostro fiume, gli scarica ancora tonnellate di rifiuti visibili e maleodoranti che arrivano galleggiando fino all’oceano dove inghirlandano gli scogli di schiuma e di pesci morti. Ma lo stato cileno (Conama) ha addirittura dichiarato la zona adatta all'impianto dell'acquacultura.
L’attuale mancanza di coscienza riguardo le risorse ambientali è frutto di una mentalità di profitto - profitto di pochi - per cui molti perderanno qualcosa che una volta estirpato non risorgerà.
Chi dovrebbe proteggere il bosco di questo luogo non solo non lo fa ma spinge contro la protezione, come potrà innestarsi una logica di buona gestione e di rispetto in questo scenario?
Intanto le grandi imprese forestali parlano delle loro piantagioni come di boschi, estese foreste naturali, facendo credere che tra i pini ordinati come eserciti possa vivere la fauna nativa della zona, quando è evidente che tra le file di pini regna solo il macabro silenzio dell’assenza di uccelli.
Diciamo allora almeno chiaramente e una volta per tutte che i pini non sono un bosco, come non lo sono i campi di mais e le piantagioni di banani.
Le pinete sono semplicemente la monocultura di questa vastissima parte del Chile.
Proviamo a parlare con i bambini del bosco che già non conoscono perchè sostituito dal pino, sperando che anche le logiche statali e legali presto si convertano alla protezione. Faremo conoscere loro le specie degli alberi, dove vivono e dove vivrebbero, il tipo di suolo, come è ora e come era prima e perché è avvenuto un tale cambiamento nel paesaggio per cui ora ciò che vedono è o pino, in regolari piantagioni o eucalipto o prato con cactus o terra nuda di desertiche colline snudate fino alla roccia.
Parlare ai bambini è l’ultima spiaggia ma anche l’inizio di un grande mare su cui si spera di poter arrivare dall’altra parte.
Ancora oggi è sufficiente la volontà di un uomo, di un’azienda, di una spa per buttar giù in un anno un bosco di alberi antichi.
Mi chiedo in quale girone Dante avrebbe messo gli assassini dei boschi, ora che anche quaggiù, dall'altra parte del mondo, l’oscurità globale impedisce di trovare una qualsiasi selva oscura in cui perdersi.
Don Rufino a Colėn de Limavėda.
2009
SETTEMBRE'09
AGOSTO'09
LUGLIO'09
GIUGNO'09
MAGGIO'09
APRILE'09
FEBBRAIO'09
GENNAIO'09
2008
Costruzione di un pollaio con Don Victor e Don Romualdo.
La mia prima migale Grammostola, trattenuta per meno di una settimana, un maschio adulto trovato e liberato sulle rive del Mataquito.
Mi arana pollito.
Il tacchino, bizzarria comune, č in qualche maniera l'America. Altro animale opera d'arte.