OTTOBRE '10
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Nell'ovile dove don Augusto aveva chiuso le sue pecore in attesa della vaccinazione, quando arriviamo, troviamo cinque pecore morte e altre quattro sul punto di morire. A fare il festino è stato il suo grande canelupo che, liberatosi dalla catena, è riuscito ad entrare nel recinto e a liberare il suo istinto di predatore. Grande la sorpresa e la rabbia nel gruppo dei campesinos formati per vaccinare che erano là con noi. Chi diceva che il cane andava subito abbattuto perché era recidivo o lo sarebbe diventato, chi facendo finta di scherzare dava del codardo a don Augusto perché non ammazzava il cane, tutti attendevano che venisse fatta "giustizia" con un gesto forte che mettesse le cose a posto.
Il cane assassino, che forse si era sentito un po’ colpevole, era ora totalmente pacificato e amichevolissimo. Schivava tutte le sassate d’odio della solidarietà contadina dimenando la coda, e sembrava sorridere con la sua bocca rossa da pagliaccio. Le pecore ancora vive intanto agonizzavano secondo natura, placidamente.
Non tutti i cani dei pastori sono pastori, dice uno, crederlo è un pregiudizio,
proprio tra i pastori stanno i lupi.
Ottobre: orti, ovili, serre e pollai stanno sorgendo sempre più numerosi e sempre migliori.
Il risultato che possiamo vedere in quest'ultimo mese è che molte delle famiglie del progetto hanno ingrandito, forse raddoppiato o più lo spazio dedicato all'orto. Molti cominciano ad essere più indipendenti dal punto di vista alimentare, ed orgogliosi di esserlo.
Il problema qui, in generale, è sempre stato quello della mancanza d'acqua per irrigare durante i mesi estivi. Per questo, almeno all'inizio i campesinos consideravano impossibile ingrandire l'orto o addirittura farne uno. Abbiamo quindi insistito sulla maniera di proteggere le fonti d'acqua, di approfondirle, di accumulare l'acqua, di condurla ecc. come anche su come migliorare la qualità del suolo perchè la pioggia dell'inverno non continuasse a portar via il sottile strato fertile dalle colline.
Eppure tutte le problematiche legate direttamente ad acqua e suolo, trattate preliminarmente, suonavano ai campesinos come argomenti astratti o poco attraenti; forse, vedendone gli effetti positivi troppo a lungo termine, valutavano i lavori necessari come troppo faticosi o dispendiosi.
Si misuravano forse troppo strettamente sulle proprie disponibilità immediate d’acqua o di terreno fertile, cioè quelle più vicine e più sicure; e per questo consideravano tanto difficile tentare di fare un orto un po’ più ardito. E perchè poi cercare di disporre di piú acqua se non si possiede un orto grande, ben disegnato e circoscritto?
Si è quindi rivelato decisivo ripartire dal recinto. Abbiamo scoperto quanto il sogno di avere un orto come si deve, nasce e cresce a partire dal suo perimetro.
Ossia quanto fosse importante che lo spazio dell'orto fosse recintato per assumere agli occhi della gente un nuovo valore ideale e pratico.
Ci siamo resi conto che non è tanto la mancanza d’acqua per irrigare ad impedire loro di fare un orto, quanto al contrario la mancanza dell'orto ad impedire alla gente di cercare e trovare il metodo migliore per accumulare l’acqua (o per condurla) nel modo e nella misura necessaria.
Le persone che ora a più di un anno e mezzo dall'inizio del progetto cominciano ad interessarsi seriamente al problema dell'acqua e alla sua soluzione non sono quelle che hanno seguito l'andamento della piramide produttiva (dell'agricoltura biologica e sostenibile) partendo dal basso, cioè dalle risorse. ma quelle che hanno voluto con l’aiuto del progetto intraprendere a realizzare opere concrete: un orto, una serra o un pollaio un po' più grande e funzionale.
Almeno in questo caso quindi si è rivelato più efficace, seguendo gli interessi dei campesinos, risalire dall’effetto desiderato alla causa piuttosto che risolvere la causa - il problema - per arrivare all’effetto desiderato.
Vedremo se il passare dell'estate ci darà o meno ragione. Tra poco anche i nuovi orti avranno bisogno d'acqua più che mai e bisognerà concretamente pensarci.
In mezzo a tutto questo c'è la nostra costante presenza sul territorio, che gioca come fattore di fiducia, formazione, accompagnamento ed incoraggiamento al buon esito.
Indubbiamente vi è ora una circolazione di concetti nuovi, si diffonde l'idea del valore dell’agricoltura sostenibile nei piccoli proprietari, e di conseguenza, speriamo, un guadagno crescente di terre coltivate strappate alla siccità, nel rispetto di ciò che resta dell'ecosistema del Secano.
Dicendo questo non mi pare di esagerare troppo, anche se tutte le sfide restano aperte e i lavori da fare tanti, come del resto le variabili, le differenze, gli aggiustamenti e i cambiamenti d'itinerario.
Dimenticare la cooperazione allo sviluppo significa dimenticare la pace: è il senso delle testimonianze raccolte dalla MISNA all’indomani della presentazione in parlamento di un disegno di legge finanziaria che prevede nel 2011 tagli significativi a fondi pubblici già esigui. Alla cooperazione internazionale come a un importante strumento di pace guarda Luca Lo Presti, il direttore di Pangea, un’organizzazione non governativa che da anni offre microcredito alle donne dell’Afghanistan. “L’Italia e i suoi alleati – dice Lo Presti – continuano a investire nella guerra sostenendo di portare la pace”. L’idea è che, se gestita bene e finanziata in modo adeguato, la cooperazione internazionale può favorire la crescita economico-sociale ed essere fattore di stabilità. Un concetto espresso anche da Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine, un’ong che aderisce alla Rete italiana per il disarmo. “Per i governi del nostro paese – dice Schiavello – la cooperazione non è più una priorità da molto tempo”. Esemplare il caso del Fondo umanitario per lo sminamento, creato nel 2001 dopo la ratifica italiana della Convenzione di Ottawa sulla messa al bando delle mine antipersona. “In un primo periodo erano stati stanziati cinque milioni di euro l’anno – sottolinea Schiavello - ma ora siamo sì e no a un milione”. Il disegno di legge finanziaria prevede tagli ai fondi per la cooperazione dell’ordine del 45% rispetto al 2010, con stanziamenti complessivi inferiori ai 100 milioni di euro al netto degli impegni pregressi e delle spese di gestione del ministero degli Esteri. Cifre sconfortanti anche secondo Guido Barbera, presidente di Solidarietà e cooperazione Cipsi, una rete di 48 organizzazioni non governative. “Dopo tante promesse di Pinocchio – sostiene Barbera, ricordando i tanti impegni non rispettati anche a livello internazionale – sappiamo che l’Italia non farà più cooperazione se non quella delle amicizie e degli accordi commerciali”.[VG]
"Giunto sul passo estremo / Della più estrema, età, / In un sogno supremo / Sì bea l'anima già, / In un sogno supremo, / Sì bea l'anima già. / Re d'un placido mondo, / D'una landa infinita, / A un popolo fecondo / Voglio donar la vita."
Arrigo Boito, Mefistofele."Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;"
Ogni estremo timor subito scordi;"
Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.
Il lupo cileno?
più di 1000 e ancora non dormo.
Nell'ovile dove don Augusto aveva chiuso le sue pecore in attesa della vaccinazione, quando arriviamo, troviamo cinque pecore morte e altre quattro sul punto di morire. A fare il festino è stato il suo grande canelupo che, liberatosi dalla catena, è riuscito ad entrare nel recinto e a liberare il suo istinto di predatore. Grande la sorpresa e la rabbia nel gruppo dei campesinos formati per vaccinare che erano là con noi. Chi diceva che il cane andava subito abbattuto perché era recidivo o lo sarebbe diventato, chi facendo finta di scherzare dava del codardo a don Augusto perché non ammazzava il cane, tutti attendevano che venisse fatta "giustizia" con un gesto forte che mettesse le cose a posto.
Il cane assassino, che forse si era sentito un po’ colpevole, era ora totalmente pacificato e amichevolissimo. Schivava tutte le sassate d’odio della solidarietà contadina dimenando la coda, e sembrava sorridere con la sua bocca rossa da pagliaccio. Le pecore ancora vive intanto agonizzavano secondo natura, placidamente.
Non tutti i cani dei pastori sono pastori, dice uno, crederlo è un pregiudizio,
proprio tra i pastori stanno i lupi.
A Barba Rubia, don Victor è tutto contento delle sue carote. E' il primo anno che fa un orto così grande, e queste sono le sue prime carote.
Ecco un bell'esempio di pollaio mobile, utile per chi non possiede molte galline. Questo gallinero permette anche di far mangiare agli animali erba sempre fresca senza perderli di vista.
Ottobre: orti, ovili, serre e pollai stanno sorgendo sempre più numerosi e sempre migliori.
Il risultato che possiamo vedere in quest'ultimo mese è che molte delle famiglie del progetto hanno ingrandito, forse raddoppiato o più lo spazio dedicato all'orto. Molti cominciano ad essere più indipendenti dal punto di vista alimentare, ed orgogliosi di esserlo.
Il problema qui, in generale, è sempre stato quello della mancanza d'acqua per irrigare durante i mesi estivi. Per questo, almeno all'inizio i campesinos consideravano impossibile ingrandire l'orto o addirittura farne uno. Abbiamo quindi insistito sulla maniera di proteggere le fonti d'acqua, di approfondirle, di accumulare l'acqua, di condurla ecc. come anche su come migliorare la qualità del suolo perchè la pioggia dell'inverno non continuasse a portar via il sottile strato fertile dalle colline.
Eppure tutte le problematiche legate direttamente ad acqua e suolo, trattate preliminarmente, suonavano ai campesinos come argomenti astratti o poco attraenti; forse, vedendone gli effetti positivi troppo a lungo termine, valutavano i lavori necessari come troppo faticosi o dispendiosi.
Si misuravano forse troppo strettamente sulle proprie disponibilità immediate d’acqua o di terreno fertile, cioè quelle più vicine e più sicure; e per questo consideravano tanto difficile tentare di fare un orto un po’ più ardito. E perchè poi cercare di disporre di piú acqua se non si possiede un orto grande, ben disegnato e circoscritto?
Si è quindi rivelato decisivo ripartire dal recinto. Abbiamo scoperto quanto il sogno di avere un orto come si deve, nasce e cresce a partire dal suo perimetro.
Ossia quanto fosse importante che lo spazio dell'orto fosse recintato per assumere agli occhi della gente un nuovo valore ideale e pratico.
L'invernadero di pomodori di don Luis, a El Llano. Don Luis è un po' giù perchè nella serra del vicino (fanno parte dello stesso gruppo), le piante sono inspiegabilmente ben più sviluppate.
Ci siamo resi conto che non è tanto la mancanza d’acqua per irrigare ad impedire loro di fare un orto, quanto al contrario la mancanza dell'orto ad impedire alla gente di cercare e trovare il metodo migliore per accumulare l’acqua (o per condurla) nel modo e nella misura necessaria.
Almeno in questo caso quindi si è rivelato più efficace, seguendo gli interessi dei campesinos, risalire dall’effetto desiderato alla causa piuttosto che risolvere la causa - il problema - per arrivare all’effetto desiderato.
Vedremo se il passare dell'estate ci darà o meno ragione. Tra poco anche i nuovi orti avranno bisogno d'acqua più che mai e bisognerà concretamente pensarci.
In mezzo a tutto questo c'è la nostra costante presenza sul territorio, che gioca come fattore di fiducia, formazione, accompagnamento ed incoraggiamento al buon esito.
Indubbiamente vi è ora una circolazione di concetti nuovi, si diffonde l'idea del valore dell’agricoltura sostenibile nei piccoli proprietari, e di conseguenza, speriamo, un guadagno crescente di terre coltivate strappate alla siccità, nel rispetto di ciò che resta dell'ecosistema del Secano.
Dicendo questo non mi pare di esagerare troppo, anche se tutte le sfide restano aperte e i lavori da fare tanti, come del resto le variabili, le differenze, gli aggiustamenti e i cambiamenti d'itinerario.
Una serra dimostrativa di coltivo organico a Yumbel, regione del Bìo Bìo.
Con il gruppo di apicoltura a El Llano nel momento di consegna delle arnie.
Una regina con la corona azzurra.
ITALIA
20/10/2010 20.04
COOPERAZIONE: SOCIETÀ CIVILE CONTRO I TAGLI
20/10/2010 20.04
COOPERAZIONE: SOCIETÀ CIVILE CONTRO I TAGLI
Dimenticare la cooperazione allo sviluppo significa dimenticare la pace: è il senso delle testimonianze raccolte dalla MISNA all’indomani della presentazione in parlamento di un disegno di legge finanziaria che prevede nel 2011 tagli significativi a fondi pubblici già esigui. Alla cooperazione internazionale come a un importante strumento di pace guarda Luca Lo Presti, il direttore di Pangea, un’organizzazione non governativa che da anni offre microcredito alle donne dell’Afghanistan. “L’Italia e i suoi alleati – dice Lo Presti – continuano a investire nella guerra sostenendo di portare la pace”. L’idea è che, se gestita bene e finanziata in modo adeguato, la cooperazione internazionale può favorire la crescita economico-sociale ed essere fattore di stabilità. Un concetto espresso anche da Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine, un’ong che aderisce alla Rete italiana per il disarmo. “Per i governi del nostro paese – dice Schiavello – la cooperazione non è più una priorità da molto tempo”. Esemplare il caso del Fondo umanitario per lo sminamento, creato nel 2001 dopo la ratifica italiana della Convenzione di Ottawa sulla messa al bando delle mine antipersona. “In un primo periodo erano stati stanziati cinque milioni di euro l’anno – sottolinea Schiavello - ma ora siamo sì e no a un milione”. Il disegno di legge finanziaria prevede tagli ai fondi per la cooperazione dell’ordine del 45% rispetto al 2010, con stanziamenti complessivi inferiori ai 100 milioni di euro al netto degli impegni pregressi e delle spese di gestione del ministero degli Esteri. Cifre sconfortanti anche secondo Guido Barbera, presidente di Solidarietà e cooperazione Cipsi, una rete di 48 organizzazioni non governative. “Dopo tante promesse di Pinocchio – sostiene Barbera, ricordando i tanti impegni non rispettati anche a livello internazionale – sappiamo che l’Italia non farà più cooperazione se non quella delle amicizie e degli accordi commerciali”.[VG]
tratto da: www.misna.org